Demenza frontotemporale: cos’è, sintomi e riabilitazione
La redazione di Emianopsia ha il piacere di ospitare la Dott.ssa Graziana Romano: laureata in psicologia con magistrale in neuroscienze cognitive. La Dott.ssa Romano ci propone un approfondimento sulla demenza frontotemporale.
Demenza frontotemporale: che cos’è?
Questa problematica (DFT o FTD) identifica un eterogeneo gruppo di demenze neurodegenerative non-Alzheimer che si caratterizzano per la presenza di alterazioni in senso degenerativo-atrofico dei lobi frontali e temporali1.
A seconda delle aree colpite dalla degenerazione cerebrale, la malattia può riguardare i lobi frontali, causando cambiamenti nel comportamento o alterazioni dell’emotività e della personalità, oppure può riguardare i lobi temporali associati alle nostre capacità di comprendere ciò che vediamo, ascoltiamo o sentiamo. In particolare, danni ai lobi temporali possono provocare difficoltà a riconoscere oggetti, a esprimersi, o a comprendere il linguaggio.
Per questa ragione, si tratta di un termine ombrello per diverse patologie o in alternativa di una patologia con diverse varianti (che approfondiremo più avanti); è chiamata anche demenza presenile (contrapposta alle demenze solitamente più senili come la demenza vascolare) per la precoce insorgenza (quarta, quinta decade di vita, il 60% dei casi si verifica tra i 45 e i 64 anni) e per una spiccata familiarità, talora intorno al 50% dei casi.
Spesso può essere confusa con la forma precoce della malattia di Alzheimer (per un approfondimento vi rimandiamo alla lettura dell’articolo: Alzheimer: casi destinati a raddoppiare ogni 20 anni), in quest’ultima però è la memoria che viene primariamente compromessa, mentre la DFT si segnala all’esordio con cambiamenti di personalità improvvisi e disturbi comportamentali/motori in assenza di patologie psichiatriche o neurologiche preesistenti, e solo in seguito per una parziale perdita di memoria, assieme al deficit cognitivo e motorio crescente.
È una malattia neurodegenerativa, quindi progressiva e terminale. Il suo decorso medio è variabile dai 5 ai 10 anni, ma in alcuni casi può anche protrarsi per oltre 20 anni2.
Tipi di demenza frontotemporale
Questi casi di demenza possono essere etichettati in:
Demenze con variabili comportamentali (atrofia corticale del lobo frontale)
Un cambiamento del carattere e una condotta sociale disturbata (variabili comportamentali) sono le caratteristiche tendenzialmente dominanti e più diffuse all’esordio e durante il corso della malattia. I sintomi si manifestano con cambiamenti nel comportamento e nella personalità, uniti a possibili cambiamenti emotivi e difficoltà di giudizio. Ad esempio, possono emergere difficoltà nel mantenere l’autocontrollo o nel gestire la propria aggressività, con tendenze all’irritabilità.
Spesso le persone che ne sono colpite non sono consapevoli di questi cambiamenti o dimostrano poca considerazione rispetto all’impatto che il loro comportamento provoca sugli altri. Con il progredire della malattia, è possibile osservare sempre meno coinvolgimento nelle attività quotidiane e una tendenza a chiudersi in sé stessi. La degenerazione cerebrale può anche causare comportamenti eccessivi come ad esempio la smoderatezza nel bere o mangiare, la tendenza a parlare di continuo e a dire cose oscene o imbarazzanti, l’impulsività e la disinibizione.
Demenze con declino delle capacità di comunicazione
Con Afasia Progressiva Primaria si fa riferimento alla variante linguistica della degenerazione frontotemporale. Viene chiamata variante linguistica proprio per la prevalente presenza di deficit di linguaggio e prevede tre forme:
- l’Afasia Progressiva Primaria non fluente/agrammatica;
- Afasia Progressiva Primaria variante semantica;
- l’Afasia Progressiva Primaria variante logopenica.
Rispetto alla variante comportamentale della degenerazione lobare frontotemporale, le varianti linguistiche si caratterizzano per una maggiore consapevolezza dei deficit. A ogni modo, le varianti della degenerazione presentano, nelle fasi avanzate, molti punti di sovrapposizione, che coinvolgono sia la sfera linguistica che comportamentale.
La variante non fluente/agrammatica (atrofia corticale della regione fronto-insulare)
Quando il deficit si manifesta con la variante non fluente/agrammatica, le persone perdono la capacità di costruire frasi complete e di senso, ma sembrano conservare il significato delle parole.
Si notano cambiamenti nella capacità di parlare, leggere e scrivere. Le persone che ne sono affette comprendono ciò che sentono o leggono, ma il loro vocabolario e le risorse per esprimersi sono sempre più limitati, l’eloquio risulta stentato e sgrammaticato, ricco di parole sbagliate, magari in assonanza con quelle che vorrebbero pronunciare.
La variante semantica (atrofia corticale del lobo temporale anteriore)
Anche in questo le aree cerebrali colpite sono quelle deputate al linguaggio. Tuttavia, a differenza dell’afasia prima progressiva non fluente, le persone con demenza semantica parlano, leggono e scrivono correttamente da un punto di vista grammaticale ma non sanno più chiamare le cose con il loro nome, non afferrano il significato delle parole e non riconoscono più gli oggetti.
Sostanzialmente si ha una perdita del significato delle parole manifestata da deteriorata denominazione e comprensione; è possibile riscontrare disturbi percettivi caratterizzati da prosopoagnosia (danneggiato riconoscimento dell’identità di facce familiari e non) e agnosia associativa (danneggiato riconoscimento dell’identità degli oggetti). Altri aspetti della cognizione, che includono la memoria autobiografica, sono intatti o relativamente ben conservati.
La variante logopenica
Rientrano in tale variante quei pazienti che non presentano i criteri necessari per essere inclusi nelle altre due tipologie. Il sito cerebrale coinvolto è la regione perisilviana posteriore sinistra e/o quella parietale.
Le principali caratteristiche della variante logopenica sono:
- eloquio spontaneo rallentato e fluttuante in cui è possibile osservare frequenti pause;
- anomie e parafasie fonemiche(sostituzione di lettere all’interno delle parole e delle frasi);
- comprensione preservata di singole parole ma non di frasi;
- deficit nella capacità di ripetizione di parole appena udite;
- produzione articolatoria e uso della grammatica nella norma.
Su cosa si basa la diagnosi?
L’orientamento diagnostico viene suggerito da:
- disinteresse per la cura della persona, tristezza e abulia immotivate;
- disturbi dell’umore e paranoia a insorgenza improvvisa, ma senza la presenza di una precedente malattia psichiatrica in età giovanile (es. disturbo bipolare, schizofrenia, disturbo delirante…);
- atteggiamenti stereotipati, perseverativi, compulsivi e ripetitivi;
- cristallizzazione del pensiero, delirio, ansia, aggressività immotivata unita a disturbo del controllo degli impulsi;
- disinibizione e ipersessualità o al contrario apatia, timidezza e anedonia;
- in alcuni casi potrebbero essere presenti disturbi del comportamento alimentare (DCA) come bulimia alternata ad anoressia o viceversa;
- logorrea alternata a mutismo e afasia;
- precoce aprassia (incapacità o difficoltà a svolgere compiti semplici come nel caso del vestirsi correttamente), disprassia (incapacità o ridotta capacità di pianificare ed organizzare delle azioni intenzionali, finalizzate al raggiungimento di uno scopo specifico), in alcuni casi ecoprassia (imitare comportamenti altrui) ed ecolalia (ripetere parole);
- declino cognitivo ma senza grave perdita di memoria (conservata per lungo tempo, con amnesia rara e fluttuante);
In fase avanzata è anche possibile riscontrare:
- possibile parkinsonismo, tremore a riposo, atassia, possibile atrofia muscolare da disuso, forte rigidità, incontinenza urinaria, disfagia, disturbi respiratori; amimia o ipoamimia (perdita o riduzione dell’espressione facciale, come nel Parkinson)
Per la corretta diagnosi è sempre consigliabile eseguire esami strumentali come Imaging cerebrale strutturale e/o funzionale per riscontrare l’effettiva atrofia cerebrale, EEG e una specifica valutazione Neuropsicologica.
Come si svolge la riabilitazione?
Si parte dal presupposto che le capacità neuroplastiche del nostro cervello, siano ottimizzabili attraverso training riabilitativi che permettono il raggiungimento del massimo grado possibile di autonomia e di indipendenza attraverso il recupero e/o la compensazione delle abilità cognitive e comportamentali compromesse.
Riabilitazione classica
Prevede esercizi vocali o carta-penna, concepiti per stimolare specifiche funzioni, o da ausili esterni attivi, quali agende, diari, uso guidato del calendario, cartine geografiche, mappe e stradari, lavagne, registratori, liste ed elenchi (strumenti compensatori)
Riabilitazione computerizzata
Attualmente, in ottica di una riabilitazione in casi di demenza frontotemporale, si giudica più proficuo l’ausilio del PC. Al paziente vengono proposti esercizi compito-specifici stimolanti dal punto di vista cognitivo, grafico e acustico.
Qualora risultassero deficitarie anche le capacità linguistiche, è fondamentale abbinare alla riabilitazione cognitiva, un trattamento logopedico per la riabilitazione del linguaggio e dell’afasia.
Bibliografia
- Loeb, E. Neurologia di Fazio Loeb, Roma, Società Editrice Universo, 2003, pagine 1049-1053.
- Pino, O. (2017). Ricucire i ricordi. La memoria, i suoi disturbi, le sue evidenze di efficacia dei trattamenti riabilitativi, Milano: Mondadori Education S.p.A.
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