Balbuzie: cos’è, sintomi, come affrontarla
Con balbuzie si intende un disordine della fluenza della parola. Chi incorre in questa problematica sa con precisione ciò che vorrebbe dire, ma, al contempo, è impossibilitato a farlo a causa di interruzioni, ripetizioni involontarie di sillabe o parole, estensione di suoni. Ognuno di questi “ostacoli” si presenta con carattere di totale involontarietà.
Può capitare che, all’insorgere di tali “ostacoli”, si sviluppino dei movimenti, spesso riconosciuti in maniera erronea come tic; viceversa questi movimenti altro non sono che il tentativo di “forzare” il blocco motorio associato a questo disturbo del linguaggio. Con l’andare del tempo si va acquistando una certa abitudinarietà a eseguire tali movimenti, con conseguente perdita di consapevolezza. Questi movimenti si manifestano in stato di tensione o eccitamento, generalmente associati a emozioni come paura, imbarazzo o frustrazione.
Caratteristica di questo particolare problema nel pronunciare le parole è la sua enorme variabilità: essa può infatti differire da persona a persona, può cessare improvvisamente per poi fare ritorno e contribuire a coltivare uno stato di frustrazione in chi ne è soggetto. Alcune persone riescono a dissimulare di essere coinvolti da questa problematica, andando prontamente a evitare di utilizzare alcune parole: in questo caso siamo davanti alla cosiddetta balbuzie latente.
A incorrere in questa problematica è circa il 3% dei bambini (prevalentemente maschi) in età prescolare.
Come distinguerla da una disfluenza fisiologica
Resta importante fare una distinzione dalle disfluenze: quest’ultime rappresentano prolungamenti e ripetizioni che non si associano alla problematica che stiamo trattando. In giovane età (solitamente entro i quattro anni di età) sono infatti da considerarsi fisiologici esitazioni, prolungamenti e interruzioni in un bambino; questa disfluenza coinvolge in genere circa il 10% dei bambini e, solitamente, si risolve in maniera spontanea.
Per riconoscere una disfluenza fisiologica da quella invece presente in un balbuziente dobbiamo fare attenzione a come la disfluenza si presenta (frequenza, collocazione e durata). Nel bambino balbuziente il disordine della fluenza si manifesta con ripetizioni e prolungamenti di alcune parti della parola con frequenza maggiore rispetto a pause e revisioni (es. “pa-pa-parola” piuttosto che “pa-parola”). Qualora il disturbo persista in un bambino di età prescolare è consigliabile rivolgersi al professionista del settore.
Prima di continuare ecco qui un video animato pubblicato da BSVStottervereniging che ci spiega in maniera creativa questa disfunzione del linguaggio.
Le forme della balbuzie
Possiamo distinguere varie forme:
- tonica: arresto a inizio frase con allungamento della sillaba o del fonema difficile da pronunciare
- clonica: con ripetizione della sillaba
- mista: in questo caso troviamo sia allungamento e ripetizione, la comunicazione diventa così estremamente ostacolata.
I sintomi della balbuzie
Viene diagnosticata questa problematica si riscontrano anomalie nell’eloquio di un bambino che risultano inappropriate per le abilità linguistiche che dovrebbe possedere in relazione alla sua età. Tra le alterazioni del linguaggio troviamo:
- ripetizioni di suoni o sillabe
- prolungamenti dei suoni delle consonanti o delle vocali
- interruzioni di parole
- blocchi udibili o silenti
- circonlocuzioni
- parole pronunciate con eccessiva tensione fisica
- ripetizione di intere parole monosillabiche.
Le cause
Non c’è ancora certezza su quali siano le cause ma è comunemente accettato che quest’ultime non siano da ritrovare in un fenomeno di natura prettamente psicologica. Piuttosto, secondi recenti studi, si tende a legare l’insorgere di questa problematica con una difficoltà di controllo motorio della produzione del linguaggio, andando quindi a coinvolgere i meccanismi neurali e senso-motori coinvolti nel controllo e coordinazione dei movimenti del parlato. Questo disturbo del linguaggio è quindi considerata una perturbazione del sistema motorio della parola.
In uno studio, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, i ricercatori del National Institute on Deafness and Other Communication Disorders(NIDCD) hanno ascoperto quali sono le cellule cerebrali legate alla balbuzie nei topi. Grazie a questo studio si è iniziato a decifrare la neuropatologia di questo disturbo del parlato.
Come affrontare la balbuzie nei bambini
I genitori del bambino soggetto a questo tipo di disturbo della fluenza sono il primo alleato da ricercare per fornire un concreto aiuto al bambino. Di fondamentale importanza è l’accettazione del problema, questo impedisce di ingigantirlo e aggravarlo. È importante ascoltare il bambino e dargli il tempo di completare parole e frasi senza dimostrarsi spazientiti o annoiati, viceversa è importante dimostrarsi interessati a ciò che il bambino dice.
Completare le parole al posto del bambino è un comportamento da evitare, questa pratica contribuisce soltanto a creare frustrazione e a minare l’autostima del bambino (con diretta conseguenza dell’aggravarsi del problema).
A chi rivolgersi
Qualora ci si trovi a dover affrontare questa problematica diventa necessario ricorrere a una valutazione specialistica. Siamo presenti a una “patologia di frontiera” in grado di andare a intersecare molteplici aree e figure professionali come:
- neurologo
- psicologo
- logopedista
- pediatra.
La mia esperienza professionale
Quando ho conseguito la laurea in logopedia alla fine degli anni 80 la terapia per la balbuzie si basava prettamente sull’impostazione della corretta dinamica respiratoria, ossia la dinamica diaframmatica, seguita da un parlare sillabato cadenzato dal ritmo del metronomo. Era tutto molto rigido, il paziente passava dal lettino dove eseguiva gli esercizi di respirazione, alla sedia dove iniziava parlando seguendo appunto il ritmo del metronomo.
Si cominciava dapprima molto lentamente e poi pian piano si aumentava la velocità rendendo il linguaggio alquanto meccanico. I risultati erano non sempre soddisfacenti. Spesso c’erano dei miglioramenti ma non sempre erano definitivi. Con il tempo altre tecniche hanno arricchito il trattamento.
Tra queste l’iper articolazione, unire l’ultima vocale di una parola alla parola successiva ed altre ancora. Compravo libri, seguivo corsi di formazione, cercavo di offrire il meglio ai miei pazienti ma mi rendevo conto che c’era sempre un pezzo del puzzle che mancava.
Il paziente, dopo qualche anno e più di terapia, riscontrava dei miglioramenti ma mi riferiva che continuava a sussistere il timore di relazionarsi con gli altri. Sentiva all’improvviso salire il blocco e mi descriveva i segni tipici e caratteristici della crisi di panico, sudorazione, tachicardia, sensazione di vertigine.
Una nuova metodologia
Per oltre 15 anni, avvalendomi anche degli studi e del supporto di altri professionisti, mi sono dedicata a studiare, osservare e sperimentare una metodologia che potesse risultare più efficace e permettesse di ottenere risultati significativi nel trattamento della balbuzie adulta anche rispetto alla problematica del disagio sociale.
Gli studi, la laurea in psicologia e la conoscenza della Terapia breve strategica del professore Giorgio Nardone, mi hanno poi permesso di affrontare con più competenza anche le dinamiche di evitamento sociale dovute all’esperienza del disagio comunicativo dei balbuzienti.
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